martedì 25 gennaio 2011

Materiali - La comicità di Checco Zalone - 2

" Diciamo la verità: siccome un successo di queste proporzioni non se lo aspettava nessuno, nemmeno nei sogni più audaci, è altrettanto difficile spiegarne le ragioni. Stupisce il valore assoluto della cifra (...) ma soprattutto meraviglia la velocità con cui il film di Zalone e Nunziante è arrivato a battere ogni record: 11 giorni! Persino Avatar procedeva con minor foga. Ed è proprio questa «frenesia» che lascia senza parole. E senza spiegazioni. 

Sul film ormai si sono esercitati tutti: il personaggio del buttafuori che sogna una promozione «sociale» ha i tic di un Nando Moriconi d’oggi (per usare il paragone più indovinato) ma un orizzonte ancora più ridotto e risibile perché quello almeno sognava l’opulenza «del Kansas City», questo è contento di regolare il flusso dei turisti sul tetto del Duomo. E forse è proprio questo involontario elogio dell’incompetenza e dell’ignoranza ad attirare gli spettatori, a regalare, in cambio del prezzo di un biglietto (che è una delle cose più a buon mercato oggi disponibili), un sentimento di «superiorità» che pochi film possono offrire. Che bella giornata non fa paura a nessuno. 

Anzi, finisce per consolare: lui è decisamente peggio di me! E allora perché non premiarlo facendo la coda al botteghino? Anche perché - e questo è sicuramente un effetto cercato - la comicità si mantiene sempre al di sotto di un «accettabile» livello di volgarità. I cinepanettoni avevano finito per farsi un vanto della loro esagerazione (linguistica, ma anche comportamentale). Zalone al cinema ha scelto di rassicurare, a rischio di tradire il suo personaggio televisivo, le cui canzoni sguazzavano tra doppi sensi e pesanti allusioni. Sullo schermo se ne sentono solo pochi accenni (come quelli sugli effetti inturgidenti dell’amore), ma il core business della sua comicità è dichiaratamente altro. Più «familiare», più «educato», più «represso». (...) ".

Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 18 gennaio 2011

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